La somma cui una parte venga condannata, ex art. 96 comma 3 c.p.c., costituisce spesa legale, tale da godere di prededuzione e/o privilegio in un eventuale stato passivo?
E’ il caso che ci si è trovati a gestire in sede di predisposizione di piano di riparto fallimentare, avanti il Tribunale di Vicenza.
La risposta che riteniamo di dover dare è negativa (con conseguente collocazione in chirografo della somma in oggetto).
Depongono in tal senso:
– Il fatto che il testo della legge parli di “somma equitativamente determinata”, facendo pertanto propendere per la sua qualificazione di sanzione d’ufficio. In merito, rammentiamo come l’istituto in esame si ponga in termini di tensione con il ripetuto indirizzo giurisprudenziale che nega la compatibilità costituzionale dei cosiddetti danni punitivi (Corte di Cassazione, 19 gennaio 2007, n. 1183; si ricorda, tuttavia, come nel regolamento comunitario n. 864/2007, il considerando n. 32 escluda l’ammissibilità di una norma comunitaria che determini un risarcimento del danno senza funzione risarcitoria per contrasto con l’ordine pubblico interno solo nel caso di danni punitivi eccessivi, non escludendo l’istituto giuridico tout court);
– Il fatto che mentre i primi due commi dell’art. 96 cpc hanno funzione risarcitoria, il terzo comma ha natura sanzionatoria: nel caso del primo comma, il legislatore parla espressamente di “risarcimento del danno, con un espresso richiamo all’art. 2043 c.c.; così come esplicitamente l’espressione “risarcimento del danno” viene utilizzato anche dal secondo comma;
– La collocazione di tale previsione nell’art. 96, al terzo comma, come chiusura della problematica (“in ogni caso”) manifesta il tentativo di utilizzare la leva dei costi prodotti dal fenomeno processuale al fine di scoraggiare l’abuso del processo e preservare la funzionalità del sistema giustizia, così deflazionando il contenzioso ingiustificato e favorendo il ricorso a strumenti di risoluzione alternativa delle controversie;
– Il fatto che l’art. 91 cpc venga richiamato son il termine “quando”, a voler significare che la liquidazione delle spese costituisce unicamente la mera occasione per pronunciarsi anche in punto sanzionatorio, ovviamente se ne ricorrono le condizioni.
Avvocato Cassazionista