La competenza del giudice fallimentare nelle cause di lavoro
Il dipendente di una società adiva il giudice del lavoro per ottenere il riconoscimento delle maggiori ore prestate per il rapporto di lavoro subordinato.
Con recente sentenza il Tribunale di Vicenza, sezione lavoro, rigettava il ricorso proposto con riguardo a tutte le domande in esso contenute.
La sentenza veniva impugnata con ricorso in Corte d’Appello nel mese di agosto 2018.
Nel frattempo la società falliva ed il dipendente si insinuava nello Stato Passivo riproponendo le medesime istanze.
Il Curatore escludeva il credito ed il GD confermava: Escluso per euro xxxxx in quanto il Giudice Sezione Lavoro nell’ambito del procedimento RG xxxxx ha rigettato il ricorso proposto; la causa è stata riassunta in Corte d’Appello post dichiarazione di fallimento e quindi improcedibile.
La decisione si inserisce sul solco dell’orientamento assunto dal Tribunale di Vicenza, sez. lavoro, con sentenza 10.1.19 n. 436/18 pubblicata su Il Caso sez. Giurisprudenza 21129 –25.01.19 in cui precisa che “Con specifico riguardo alle controversie di lavoro, nei casi in cui il datore di lavoro sia sottoposto a procedura concorsuale, per le domande di accertamento e costitutive promosse dal lavoratore, quali ad esempio quelle volte alla dichiarazione di illegittimità o inefficacia del licenziamento ed alla relativa reintegrazione, non viene meno la competenza del giudice del lavoro, mentre per le domande di pagamento di somme di danaro – nel caso di fallimento – si verifica la vis attractiva del foro fallimentare (Cass. 19248/2007; Cass. 3129/2003; C. 7075/2002; Cass. 13580/1999; Cass. 8708/1999; Cass. 5567/1998; Cass. 4146/1997)”